
[EDITORIALE SFOGO VIDEOLUDICO] Xenoblade Chronicles X: la necessità “necessaria” di remake e remastered, il recupero di capolavori che fanno impallidire i giochi moderni
In questo articolo della rubrica “EDITORIALE SFOGO VIDEOLUDICO“, ci concentreremo su Xenoblade Chronicles X, e la necessità “necessaria” di remake e remastered.
Spesso sul web infatti, mi è capitato di discutere (se non addirittura arrivare al solito a litigate infinite e insulti pesanti sui social), legati ai prezzi delle riproposizioni di vecchi classici su console moderne. Non sempre infatti (e va detto e sottolineato con un pennarello rosso fuoco dio mio), il prezzo corrisponde per valore effettivamente a quello che viene offerto sul piattino del giocatore.
Ebbene la seconda collection di Lara Croft, è venduta ad esattamente €29,99, un prezzo anche abbastanza budget, che ci può anche stare, ma se parliamo però di un prodotto un pelino svecchiato (e ragazzi, apparte le texture delle ambientazioni e i modelli di Lara e company) non ho visto questo enorme passo in avanti, nemmeno considerando che è solo una remastered e non un remake.
I controlli moderni risultano essere in parte, anche meno intuitivi dei controlli tank originali (già mediocri all’epoca). I tre titoli della raccolta risultano essere nel 2025, dei giochi molto datati (se non addirittura invecchiati molto male), addirittura peggiorando secondo me, quelli della prima trilogia, più iconici e sebbene più datati (che dovrebbero di norma, essere più legnosi di quelli più moderni).
La polemica che salto su, fu il paragone con la recente remastered di Donkey Kong Country Returns HD per Nintendo Switch (che ricordiamolo, è di Nintendo ed è un’esclusiva), venduta a €59,99, un prezzo nettamente fuori dal mercato, folle per una remastered abbastanza pigra, ma che ha più senso della raccolta di Lara, per assurdo.
Come spesso si dice (perlomeno tra chi ha un QI superiore a 50 e videogioca da almeno un ventina d’anni ai videogiochi), il prezzo non fa il prodotto (nel nostro caso il videogioco). Nintendo ha infatti abituato il mondo videoludico da quarant’anni a questa parte (e il suo stesso pubblico), a vendere i propri prodotti, non svalutandone MAI la prima vendita (togliamo infatti l’usato, che sta pure mezzo morendo), e il digitale, dove spesso sul Nintendo Switch, anche giochi della casa di Kyoto, riescono ad ottenere degli sconti belli corposi, anche grazie ai punti d’oro utilizzabili al posto di denaro reale, ottenibili dopo un acquisto sullo shop digitale.
Ciò comporta una scelta aziendale (giapponese), sbagliata o meno che sia per noi occidentali, ma c’è, esiste, e va presa in considerazione se si decide di fare l’acquisto della console stessa, specialmente se si entra in un’ecosistema così qualitativo (salvo gli ultimi Pokémon) a livello di videogiochi esclusivi. La consapevolezza del giocatore, e la fidelizzazione che Nintendo è riuscita a raggiungere nel corso degli anni, salvo qualche scivolone come GameCube e Wii U (dove in quest’ultima, i giochi di Mario costavano comunque 49 euro (i 59 di ora con inflazioni varie, nonostante le misere 12 milioni di console vendute nel mondo in quattro anni), è un unicum nel mercato, e che forse neanche Apple è riuscita ad ottenere (se non in parte). Fidelizzazione però non significa idozia o essere dei boccaloni, bisogna infatti essere consapevoli di quando un prodotto non vale minimamente la candela (esempio personale: Nintendo Alarmo, un prodotto carino che non ho acquistato, e che ritengo decisamente troppo costoso per il suo reale utilizzo).
Detto questo, Donkey Kong Country Returns HD, valeva davvero la candela per un acquisto, rispetto anche solo la remastered di Tomb Raider? Beh la risposta è indubbiamente si, nonostante il prezzo superiore e la pigrizia di Nintendo nel riproporlo, rimane comunque uno dei platform più completi e difficili degli ultimi vent’anni (e non credo minimamente di esagerare), anche sopra roba estremamente sdoganata tra gli zoomer come Cuphead (bellissimo anch’esso), e che va assolutamente recuperato, se non lo si è mai giocato (assieme a Tropical Freeze, già disponibile su Switch).
Quello che tanti animali della rete non riescono a comprendere infatti, è il valore di certe remastered e remake rappresentano, non solo per il mercato, ma anche come cultura del medium in generale.
Alcuni giochi infatti, son riusciti nel tempo a distinguersi e rimanere nella testa dei videogiocatori quasi in maniera viscerale. Se siete player di lunga data, vi sarà infatti capitato molto spesso quando terminate in uno di questi capolavori (mi capita spesso con Zelda), di esserne soddisfatti, ma più in la che passano i giorni, le settimane ed i mesi, spesso addirittura anche anni, di rendersi conto di quanta qualità e importanza c’era dietro a quel semplice videogioco, e quanto riesce e riuscirà a rappresentare anche al di fuori della bolla generalista lontana dai videogame, ma soprattutto quanto sono riusciti a regalarvi in termini di emozioni, anche semplicemente umane, tra felicità, commozione e orgoglio per le scelte fatte.
La serie di Xenoblade Chronicles è esattamente questo, un’insieme di emozioni umane, di racconti di individui legati tra di loro anche grazie (e per colpa) di conflitti interni nel mondo, legati da una trama che riesce a legare i tre capitoli (escluso Xenoblade X, che ha dei richiami non strettamente legati e che necessità di un sequel su Nintedo Switch 2, visto il terrificante Cliffhanger del finale), e da dei brani fenomenali (Uncontrollable di Xenoblade X, Gaur Plain e You Will Know Our Names di Xeno 1 fra le tante), che riescono a impattare sul giocatore, da non schiodarsi più dalla testa, oltre raccontandone quel mondo, facendolo immergere come se fosse stato sempre li, nato e cresciuto in quelle terre, tra conflitti, scontri, amicizie, rivalità ed amori nascosti mai sopiti.
Xenoblade è la serie forse più sottovalutata dal mainstream (spesso anche tra gli stessi possessori di Nintendo Switch incredibilmente), ma che rappresenta un picco altissimo, delle serie di Nintendo, quasi alla pari con i migliori Super Mario, The Legend of Zelda, Pokèmon, Metroid e Fire Emblem, sebbene arrivando da un genere un po diverso (seppur classico), quello dei giochi di ruolo action e/o a turni, che rappresenta in maniera degna, senza svalutarne il valore dei capostipiti come Dragon Quest e Final Fantasy (sebbene quest’ultimo svenduto senza peli sulla lingua al mero action mediocre con le ultime uscite). Una serie da recuperare assolutamente, e Xenoblade Chronicles X su Nintendo Switch, è l’occasione perfetta per entrare in questo universo, in attesa di Switch 2, sperando arrivi davvero un sequel, che possa raccontare la storia successiva di Elma e compagni.
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