[EDITORIALE SFOGO VIDEOLUDICO] Xenoblade Chronicles 3, un capolavoro sin dal principio, la visione di una vita fugace, il Ritorno, l’importanza dei compagni, amici e non di soldati burattini…
Iniziamo affermando di quanto Monolith debba insegnare di netto a tutti (cagandogli letteralmente in testa mentre esegue questa operazione di insegnamento) a tutti quei team di sviluppo, che amano ridurre i coglioni dei videogiocatori letteralmente in frantumi già dalle prime fasi di gioco, almeno per quanto riguarda l’introduzione e le prolissità iniziali di moltissimi giochi nel mercato moderno, che spesso si dilungano e allungano inutilmente il brodo della trama, raccontando male personaggi, spiegando male meccaniche, e per aggiungere il carico da 11, rendono il giocatore frustrato per dei tutorial noiosi e spesso anche decisamente superflui.
Xenoblade Chronicles 3 entra subito nel vivo dell’azione, senza però lasciare nulla al caso (anzi), i primi personaggi che vengono introdotti saranno Noah, Eunie e Lanz, facendoci intuire dei pericoli ai quali vanno incontro questi giovani ragazzi di Aionios, in un mondo nel quale è presente una terribile guerra combattuta da tutti gli abitanti, addestrati come soldati pronti a morire in qualsiasi momento. Ciò viene raccontato benissimo in una lunga cutscene che NON ANNOIA PER UN SINGOLO SECONDO, un flashback nel quale i tre ragazzi vengono mostrati quando erano ancora bambini, mentre si addestrano in un campo militare, affrontandosi in battaglia per determinare quale dei team di giovani sarà quello migliore della propria Colonia, attraverso una sorta di torneo tra le varie squadre selezionate.
Come ha dimostrato nei precedenti capitoli, Monolith Soft non bada molto a fronzoli per quanto riguarda far entrare il giocatore a contatto con le proprie opere, mettendolo subito a suo agio, sia per quanto riguarda le meccaniche di gameplay, ma soprattutto la trama, il mondo di gioco e l’affezione nei confronti dei vari personaggi protagonisti e le loro spalle secondarie. Persino il tutorial del prologo, utilizzato come mezzo narrativo tra i vari scontri della battaglia in corso tra le fazioni (Agnus e Keves), permette anche al giocatore più novizio (che magari non ha mai toccato un titolo della serie), di prendere dimestichezza facilmente con i comandi, pecca secondo me abbastanza grave che avevano i due precedenti capitoli del brand (non Xenoblade X per Wii U però, che spiega molto bene come iniziare a giocare, almeno per quanto mi riguarda), dando fin troppo per scontato determinati aspetti del gioco, riguardanti tecniche, ruolo dei personaggi in battaglia, combo di attacchi e come eseguirli, equipaggiamento utilizzato, abilità, missioni (principali e non) oltre a tutto il resto. Infatti sin dalle primissime fasi di gioco, già dal Prologo e il primo capitolo, viene introdotto magistralmente l’universo di Aionios, un mondo in pieno conflitto, con due fazioni distinte, manovrate da un potere superiore (probabilmente dai piani alti che controllano la società dagli oscuri meandri), che li fa combattere come veri e propri burattini, uccidendosi a vicenda, senza un reale obiettivo, perlomeno per chi combatte.
Miyo, Taion e Sena da una parte, Eunie, Noah e Lanz dall’altra, si incontreranno affrontandosi inizialmente come nemici giurati delle due fazioni, in uno scontro che li coinvolge fino all’ultimo respiro, tanto da rispettarsi a vicenda una volta capita la forza altrui, ma alla fine divenendo degli alleati fidati, grazie ad un sacrificio di un personaggio determinante a non farli morire tutti dalle mani di un potentissimo Moebius, un mostro nero e pericoloso che appare nella battaglia, tenendo in mano due dei compagni (uno per ogni fazione, compreso lo sfortunato Mumba), pronto a sterminarli nel caso in cui non lo facessero tra di loro, uccidendo come monito di questa sua minaccia, i due poveri ragazzi come se nulla fosse con le proprie enormi mani, chiudendole e spiaccicandoli come fossero dei fragili cracker da confezione di discount, scatenando l’ira funesta dei sei protagonisti.
Xenoblade al solito racconta vicende assurde, incredibili e fantasiose, sacrifici umani che portano i personaggi a migliorarsi ed evolversi, come nel caso di Mumba, compagno fidato ai quali i tre protagonisti devono molto di quello che sanno, ed arrivato quasi al suo decimo periodo (ma ucciso qualche settimana prima della sua Celebrazione del Ritorno nel grembo della Regina), traguardo importantissimo per tutti gli abitanti di Aionos, almeno sulla carta intendiamoci.
I periodi infatti sono calcolati esattamente come gli anni umani, al decimo di questi, ovvero appunto a 10 anni di vita su Aionios, ogni abitante è destinato ad essere coinvolto nel “Ritorno”, un evento presidiato dalla Regina, entità divina che ha dato i natali a tutti gli Aioniosiani, i quali spesso non hanno nemmeno idea di come sia fatta ed il suo reale volto, visto che non si fa quasi mai vedere in pubblico da nessuno.
L’Onore del ritorno, ovvero venire celebrati dai Tramandanti (coloro che suonano la melodia dei caduti con il proprio flauto) e dalla stessa Regina, che una volta inchinatisi a lei all’interno di una piazza ricolma di abitanti pronti ad osservare la scena epica che li aspetterà in futuro, vengono trasformati in sfere di luce che fluttuano in aria e che tornano nel corpo di chi li ha generate, la stessa Regina, che pone una morte (seppur non in battaglia e in maniera dolorosa) ad un suo “figlio”, a solamente il suo decimo anno di vita.
Come ci insegna però Vandham, la vita è fugace e coloro che vivono su Aionios meritano di più di questo, gli stessi sei protagonisti meritano di vivere più di 10 periodi, tanto che lo stesso riesce a donargli un potere incredibile che gli permette di fondersi assieme, nel caso della battaglia in corso Noah e Miyo, entrambi entrando a contatto in una totale sintonia, nella quale riescono a rivedere tutti i ricordi dell’altro, rendendosi pienamente conto delle atrocità create dalle fazioni e nazioni di Keves e Agnus in battaglia, nemiche ed in guerra, vedendo anche le scomparse dolorose e le morti di compagni e familiari dell’altro (Miyo nel caso di Noah e viceversa), iniziando a capire quanto fosse stupido combattersi a vicenda tra di loro, senza vedere quale fosse davvero il loro vero nemico che stava rovinando la vita di tutti gli abitanti di quel mondo da moltissimo tempo. L’unione di due combattenti di Keves ed Agnus di questo rango, danno l’origine al primo Ouroboros, una creatura gigante molto simile ai temutissimi Moebius, con una forza quasi alla pari, cambiando notevolmente il destino dello scontro con il mostro (verso la fine del primo capitolo), mescolando le carte in tavola e permettendo ai sei protagonisti di sopravvivere e non essere brutalmente uccisi dal Moebius, messo in fuga dopo lo scontro con Mio e Noah in veste Ouroboros, ritenendosi sconfitto in battaglia, perlomeno in quel momento.
Nonostante i loro ruoli di Tramandanti, sia Noah che Miyo, coloro che devono necessariamente adempiere al compito di “traghettare” le anime (sfere di luce) dei caduti, per celebrarle, e perché no, continuare a farle esistere in qualche modo, mettono in dubbio la cerimonia del Ritorno della Regina, convinti anche probabilmente dalle ultime parole di Vandham, colpito a sangue freddo dal Moebius.
Vandham racconta infatti della sua lunga esistenza di Aionios, ben sessantanni, ovvero sei volte tanto la vita “prevista” dalla Regina per un singolo abitante del mondo, strappato allo stesso al suo decimo periodo. Il Ritorno infatti viene celebrato dalla Regina e i suoi attendenti come una sorta di traguardo raggiungibile, il vero obiettivo principale della propria esistenza (salvo combattere e morire in campo di battaglia), di ogni singolo “umano” di questo universo. Ma è giusto o è sbagliato?, un Aioniosiano è costretto davvero a vivere dieci anni solamente per la volontà di un governante, solo perché gli ha dato i natali? Abbandonando così ogni speranza di vita, esistenza, oltre che la propria famiglia (soprattutto compagni ed amici) molti di questi che nemmeno riescono ad arrivare al loro decimo periodo, la percentuale di rimane in vita al Ritorno è notevolmente bassa infatti, tantissimi cadono e cadranno in battaglia molti anni prima del loro “evento finale”, ricordiamo infatti che tutti gli abitanti sono dei soldati addestrati fin dal primo giorno di nascita, senza alcuna eccezione, almeno sulla carta.
Il legame che c’è tra i personaggi (forse addirittura più che in passato) riesce subito a far breccia nel cuore dei giocatori, vuoi anche per la splendida cutscene flashback sopraindicata, che mostra Eunie, Noah e Lanz da bambini, assieme ad un altro personaggio, scomparso e mai visto nel presente, ma che chissà, potrebbe anche ritornare in futuro (vedasi ad esempio il caso di Fiora nel primo Xenoblade).
Un altro personaggio che mi ha particolarmente colpito al primo impatto (dopo Mumba), è stato lo stesso Guernica Vandham, un misterioso uomo con un’esperienza al di fuori del comune, che sa molti dei segreti presenti in Aionios, ma al quale viene tappata la bocca dal terrificante raggio del Moebius, che lo trafigge sul petto mentre sta per rivelare il vero nemico dei protagonisti (un po già vista come scena, ma perchè no, ci sta sempre bene). C’è da dire inoltre che Vandham non è la prima volta che appare nella serie, infatti sia in Xenoblade Chronicles, che nel 2 ma anche in Xenoblade X, appaiono dei personaggi molto simili nelle fattezze al Guernica Vandham di Xenoblade Chronicles 3 (basati tutti sul personaggio di Vanderkam di Xenosaga). C’è da dire che riproporre lo stesso personaggio, che nel secondo capitolo della serie è stato determinante per risvegliare Mythra all’interno di Pyra (in Xenoblade Chronicles 2), potrebbe indicare la possibilità che sia effettivamente la stessa persona in ogni titolo del franchise, o magari un personaggio che ha una sorta di legame parentale con il precedente.
Che dire infine, Xenoblade Chronicles 3 si è presentato proprio come ce lo aspettavamo, un capolavoro indiscusso (forse in più che in passato), che probabilmente riunirà le vicende e i fatti accaduti nei primi due capitoli, chiudendo probabilmente il cerchio vitale del brand, o magari ampliandolo ancora di più.
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