
[EDITORIALE SFOGO VIDEOLUDICO] Snow Bros Wonderland, Nintendo, SEGA e i pregi e difetti dei remake, remastered e riproposizioni dei classici anni 80 e 90
In questo articolo della rubrica “EDITORIALE SFOGO VIDEOLUDICO“, ci concentreremo su Snow Bros Wonderland e la necessità di remake, remastered e riproposizioni di vecchie glorie.
Premessa iniziale molto importante, cominciamo nel dire di come Snow Bros Wonderland sia tutto ciò che più di sbagliato puoi pensare ed ideare, quando ti viene in mente di creare un “sequel” o comunque una riproposizione moderna di un vecchio classico arcade/console nel periodo che va dagli anni 80 e 90. Wonderland è un titolo che risulta avere (una volta completato ed avendo una visione chiara della produzione) molti più difetti che pregi (quest’ultimi davvero minimi), che si contano solamente per quanto riguarda il numero delle abilità disponibile, il sistema di raccolta delle monete (ottenibili facilmente anche nell’overworld di ogni mondo di gioco) oltre che per i costumi sbloccabili (davvero numerosi, ottenibili e sbloccabili anche in post-game).
Contiamo tra le cose positive sicuramente anche le cutscene, che seppur realizzate con schermate fisse (disegnate a mano), risultano essere decisamente ben realizzate, con una cura grafica veramente curata, decisamente al contrario del gioco, quasi fossero fatte da persone che non hanno minimamente comunicato o avuto un qualsivoglia rapporto con gli sviluppatori. Il paradosso infatti è che il 3D (seppur non così pessimo tecnicamente, c’è di peggio anche su Nintendo Switch), è completamente rovinato da scenari veramente piatti e con una grafica veramente scarna (e non regge la scusa di Switch, sembra veramente di vedere un gioco di tre-quattro generazioni fa), con una visuale in vista semi-storta dall’alto, che nel 98% dei casi e delle volte all’interno del gioco, non vi farà mai capire (nemmeno con la piccola ombra che apparirà al di sotto degli Snow Bros), la prospettiva dei salti, tutto questo all’interno di un platform 3D. Più volte infatti vi ritroverete a saltare a vuoto nella lava involontariamente (o comunque nei burroni), perdendo vita (e di conseguenza le 100 monete una volta terminati gli HP per ricominciare dal checkpoint, senza di quelle si andrà a rifare l’intero stage) non potendo minimamente osservare con una telecamera fissa (semi-fissa), dove si trova di preciso una determinata piattaforma da raggiungere e/o saltare, e da quale distanza dovrete effettuare il salto, sempre che il personaggio e l’input lag decida effettivamente in maniera autonoma ed autoritaria, di far saltare effettivamente lo Snow Bros.
Una frustrazione continua quasi infinita c’è da ammetterlo, che si eleverà a dei livelli mostruosi negli ultimi due mondi (che saranno sei, tutti da 6 stage più il boss di fine mondo), dove ci si ritroverà a risolvere puzzle molto banali (ma intricati dai comandi), utilizzando meccaniche sempre più scomode, ed addirittura spesso addirittura combinate assieme, tra queste sicuramente da citare tra le più fastidiose lo spostamento delle palle di neve in corsa o in groppa, o lo stesso lancio delle stesse verso nemici o interruttori, terrificante in tutti i casi, in quanto il sistema di lancio risulterà molto impreciso nonostante ci sarà una guida visiva della traiettoria del lancio, vuoi per input lag, vuoi per le condizioni ambientalin dello stage (ci son casi in cui ci saranno delle tempeste di neve che sposteranno la traiettoria del lancio), vuoi per innumerevoli nemici che vi potranno colpire in arene quadrate o circolari minuscole, mentre voi come idioti starete li per 4-5 secondi, fermi a cercare di mirare il vostro obiettivo. La cosa andrebbe a bilanciarsi poi con delle Boss Fight al limite del ridicolo (salvo forse una o due verso il finale), perlomeno in termini di difficoltà (abbastanza bassina), ma con una durata spesso davvero troppo elevata (a mo di resisti stronzo, il Boss facile ma ti tediamo del fartelo colpire e fargli danno), uniti e dei livelli spesso allungati più del previsto, con sezioni già riviste in livelli precedenti, ma con aggiunte leggermente differenti, per cercare di “aumentarne la difficoltà artificialmente”. Inutile dire poi della presenza di una Boss Rush finale, che permetterà al giocatore di affrontare gli splendidi Boss apparsi ad ogni fine mondo, ancora una volta, in aggiunta al Re Atchich, che verrà ripetuto come primo ma anche ultimo Boss della Rush fight, anch’esso non impossibile da sconfiggere (vi basterà stare attenti ai suoi attacchi lenti, e spostarvi di conseguenza), specialmente se, nel corso della vostra avventura per salvare Snow Land di nuovo, avrete accumulato un buon numero di monete (di solito 1000-1600 son ottimali), in grado di farvi ripetere il livello dalla sezione in cui siete morti (compresa la Boss rush).
Un disastro di gioco dal punto di vista del game e level design, che però ho voluto documentare per intero grazie ad un video specifico (di ben 7 ore che trovate sul nostro canale Youtube, probabilmente già apparso in diretta), che va a macchiare se non addirittura rovinare (almeno secondo il mio personalissimo punto di vista), il buon nome del franchise di Snow Bros, che col remake: Snow Bros. Nick & Tom Special del 2022, aveva riportato in auge uno dei giochi arcade più divertenti degli anni 80 e 90.
Intendiamoci però, non è mai facile svecchiare una formula ben riuscita, evolvendola in qualcosa di nuovo, non deludendo vecchi fan ed appassionati, rendendolo più adatto ai tempi che corrono, specialmente se creati per far breccia anche verso le nuove generazioni di videogiocatori.
Non tutte le aziende sono infatti Nintendo, che riesce incredibilmente ancora oggi, dopo quasi quarant’anni, a svecchiare la formula delle sue serie più famose, Super Mario in primis, ma parliamo anche dello stesso Zelda, che ha ritrovato nuova linfa di giocatori con Breath of the Wild, Tears of the Kingdom e il recente Echoes of Wisdom, ma anche lo stesso Kirby, che con the Forgotten Land, ha saputo catturare appieno l’attenzione di critica e pubblico su Nintendo Switch. Potrei citarne all’infinito per la Grande N in realtà, mi viene in mente sicuramente Metroid Dread (un cazzo di gioiellino 2D e degno erede della saga originale), ma anche Fire Emblem Threehouse ed Engage, due ottimi capitoli dello strategico di Intelligent Systems. Tutto ciò tenendo conto della riproposizione di due giochi classici per Nintendo DS e Wii, ovvero i due Another Code, riportati su Switch da Nintendo per essere apprezzati anche dalle generazioni odierne.
Un esempio di ciò che intendo nel dire “non è mai facile riproporre vecchi brand in salsa moderna” è da trovare nel franchise di Sonic the Hedgehog, vero e proprio rivale di Super Mario, nella lotta furiosa tra mascotte che coinvolse pesantemente (nelle maniere più scorrette e subdole negli spot pubblicitari) SEGA e Nintendo nei gli anni 90. La sua evoluzione al 3D nei primi 2000 non fu infatti così felice (se non addirittura controversa e disastrosa), al contrario di quanto successo all’idraulico baffuto italiano, che con Super Mario 64, è riuscito da solo a cambiare letteralmente il gaming di quel periodo (nonostante l’epoca d’oro dei 16-bit fosse bella che tramontata), facendo da vero e proprio spartiacque per quanto riguarda il genere dal 2D al 3D) e che nonostante gli ormai 40 anni di vita, è riuscito sempre ad evolversi fino ad oggi (Super Mario Bros. Wonder e Odyssey docet), dove ancora macina numeri ed interesse da record, da parte di critica e pubblico.
Tralasciando infatti capitoli ben riusciti come i due Sonic Adventure/2 Battle, successivamente anche Sonic Heroes, Generations e in parte anche il buon Colors, il riccio blu di SEGA se l’è vista sempre molto brutta per quanto riguarda il gradimento di critica e pubblico, molti dei quali non apprezzarono la “deriva 3D” e la poca cura del franchise da parte SEGA e il Sonic Team. Shadow Generations ha riportato un po di positività nei fan, che hanno rivisto nella trama e il background di Shadow, quello che più di positivo si è visto nel corso dell’ultimo ventennio su Sonic, ovvero il racconto di Maria Robotnik e il Professor Gerald Robotnik (il cugino del più celebre Dr. Eggman), entrambi apparsi come una sorta di “ologrammi” durante la storia alternativa del recente Sonic x Shadow Generations.
SEGA è riuscita in parte con Frontiers (sebbene alcune lacune), ed ora con la riproposizione di Generations, a cercare di recuperare parte dei fan persi nelle ultime generazioni, sconfortati da capitoli 3D poco riusciti, ma attaccati ormai ad un passato di ricordi 2D della propria infanzia o adolescenza (grazie anche a quel gioiellino di Sonic Mania).
Tornando però ad un livello “Snow Bros”, potrei citarvi come altro esempio, quel gioiellino videoludico di Wonder Boy: The Dragon’s Trap, lo splendido remake realizzato da DotEmu (anche per Nintendo Switch, e vi invitiamo assolutamente a recuperarlo), del classico Wonder Boy III: The Dragon’s Trap per SEGA Master System, Game Gear e PC Engine. Stiamo parlando di un remake al limite della perfezione, in grado di far rivivere l’esperienza originale, sia in modalità classica in pixel art (alla pressione di un semplice tasto durante il gioco), passando di nuovo alla modalità più moderna (switchandole in tempo reale), anch’essa con uno stile grafico unico e ben realizzato, totalmente a mano per giunta. Wonder Boy: The Dragon’s Trap è indubbiamente una delle migliori opere di svecchiamento che potrete trovare nel mercato moderno degli ultimi dieci anni, a dimostrazione di quanto si possa fare bene utilizzando classici del passato, riproposti in una salsa decisamente più moderna, mantenendone però l’anima che li ha resi quello che furono nell’epoca d’oro dei videogame degli 80 e 90.
Riuscire a riproporre qualcosa di classico non è mai semplice, me ne rendo conto perfettamente, ma a prescindere che tu sia un pezzo grosso dell’industria videoludica o uno sviluppatore indipendente, che magari è riuscito a mettere le mani su licenze di vecchie glorie videoludiche di case ormai fallite (come appunto lo stesso Snow Bros Wonderland (ma se ne potrebbero citare ben altri), bisognerebbe per primi, avere un minimo di rispetto nei confronti dell’opera originale, cosa che in buona parte non è stata fatta per il sopraindicato, con tutte le motivazioni che abbiamo già descritto qui sopra.
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