Pikmin 4: Chiedi allo sviluppatore, Shigeru Miyamoto e il team del primo Pikmin, rivelano le origini della serie

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Nintendo ha rilasciato un’intervista con Shigeru Miyamoto e gli sviluppatori del primo Pikmin, nella quale rivelano le origini della serie.



Pikmin 4 infatti sfrutterà lo splitscreen, che permetterà a due player di giocare assieme sul monitor della TV (e di conseguenza anche in portatile). Il secondo giocatore potrà supportare il primo, sparando allo schermo con un mirino, interagendo così anche lui col mondo di gioco.

Per la prima volta pare ci sarà una base fisica da poter visitare, stavolta addirittura una sorta di casa (nei precedenti infatti veniva gestito tutto il menù e il ritorno alla base, solamente con delle schermate di riassunto delle risorse raccolte nello stage).

Come nei precedenti capitoli, saranno anche presenti nuove tipologie di tesori da scovare e riportare alla base, tramite l’astronave e il trasporto degli oggetti con i Pikmin. Tra questi item, potrete trovare addirittura dei fidget spinner, degli origami e palloni da spiaggia

Il quarto capitolo delle simpatiche creaturine di Nintendo, annunciato da molto tempo e scomparso dalle scene, sarà pubblicato il prossimo 21 luglio 2023 su Nintendo Switch.

Potete trovare l’intervista in questione di seguito.


Chiedi allo sviluppatore, parte 10: Pikmin 4 – Capitolo 1


Questa intervista include immagini e video tratti dalla versione di sviluppo del gioco.

In questo decimo episodio di “Chiedi allo sviluppatore”, una serie di interviste in cui gli sviluppatori Nintendo entrano nel dettaglio dei processi creativi seguiti da Nintendo e degli aspetti per loro più importanti, parliamo con i principali responsabili dello sviluppo di Pikmin 4 per Nintendo Switch, la cui uscita è prevista per venerdì 21 luglio.

Capitolo 1: “Fan di Pikmin 1” contro “fan di Pikmin 2”

Capitolo 2 in arrivo il 19 luglio!

Capitolo 3 in arrivo il 20 luglio!

Capitolo 1: “Fan di Pikmin 1” contro “fan di Pikmin 2”

Prima di iniziare, oltre agli sviluppatori di Pikmin 4, questa volta abbiamo invitato anche gli sviluppatori del primo Pikmin come ospiti d’eccezione. Vorrei cominciare con una domanda sulle origini della serie Pikmin. Ha avuto inizio da una proposta di Miyamoto-san?

Miyamoto:
Se ben ricordo, i director Hino-san e Abe-san avevano proposto parecchie idee all’inizio, giusto?

Hino:
Proprio così, in quel periodo io e Abe-san eravamo director. Abbiamo iniziato a discutere di questo progetto durante la fase di transizione dal Super NES (1) al Nintendo 64 (2), spinti dal forte desiderio di sfruttarne le caratteristiche che rendevano possibile visualizzare un elevato numero di personaggi a schermo.

(1) Super NES: console domestica uscita nel 1992 in Europa come successore del Nintendo Entertainment System.

(2) Nintendo 64: console domestica uscita nel 1996 in Giappone e USA e nel 1997 in Europa. È stata la prima console domestica di Nintendo capace di rappresentare estesi ambienti di gioco 3D. Il controller era dotato di uno stick 3D che consentiva ai personaggi di muoversi liberamente in un ambiente tridimensionale.

Abe:
Hino-san ha una formazione artistica, quindi si è occupato del character design e della creazione del mondo, mentre io ero responsabile delle meccaniche di gioco e del design dei livelli. All’inizio non doveva essere un gioco d’azione, vero?

Hino:
Sì, esatto. Allora lo immaginavamo come un gioco con tanti personaggi controllati tramite IA. Avevamo in mente di includere creature con chip per l’IA incorporati in testa, così da farle pensare in un certo modo e controllarle scambiandone i chip. I giocatori avrebbero controllato i personaggi assegnando a ciascuno di loro dei “chip di pensiero”, come ad esempio “lotta”, “cura” o “aiuta amici”. Esplorando la mappa e acquisendo più esperienza, la capacità dei chip sarebbe aumentata. In pratica, i personaggi sarebbero diventati più intelligenti. Al contempo avevamo aggiunto personalità come “scontroso” e “fifone” tramite “chip di emozioni”, e a seconda del chip assegnato al personaggio, la reazione, come “attacca” o “difendi”, sarebbe cambiata. E così stavamo sperimentando con questi prototipi insieme a Kando-san.

Kando:
A quel tempo ero ancora un programmatore alle prime armi. Dopo aver cominciato a lavorare alla Nintendo, sono stato assegnato a questo team e, di punto in bianco, Hino-san mi ha affibbiato un misterioso documento pieno di specifiche tecniche. (Ride) Mi sono dedicato a sperimentare il tipo di azioni applicabili a un elevato numero di personaggi dotati di IA.

Morii:
Mi sono unito al team come designer circa un anno dopo Kando-san. A quel tempo il gioco era già brulicante di creaturine.

Hino:
Al tempo la nostra idea era di avere una visuale del gioco dall’alto, così decidemmo di rendere identificabili genere e personalità di ciascun personaggio in base a ciò che aveva sulla testa.

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Wow… È molto diverso dai Pikmin che conosciamo.

Hino:
Somiglia un po’ a Yoshi, non trovate? (Ride) Però sentivamo che come personaggio mancava di impatto.

Miyamoto:
Discutemmo anche di come realizzare un personaggio che le ragazze in età da liceo potessero trovare carino, giusto?

Abe:
Esatto. Così Morii-san realizzò una montagna di schizzi e questo design vinse all’unanimità.

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Ora somiglia molto di più ai Pikmin che conosciamo. Vedo anche che ha qualcosa sulla testa, proprio come nella vostra idea iniziale.

Morii:
Non ricordo perché gli abbiamo messo una foglia in testa… ma dato che il personaggio è minuscolo, devo aver pensato a qualcosa che lo rendesse più visibile.

Miyamoto:
Era un design che mi attirava, non saprei dire perché. Mi piaceva l’idea delle piante che camminano. E ci dicevamo anche: “Sarebbe carino se assorbisse l’acqua dalla foglia che ha sulla testa”.

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Questo design è stato ispirato da qualcosa in particolare?

Morii:
All’epoca mi piaceva molto il mondo di Tim Burton (3), perciò volevo che il design non fosse soltanto carino, ma che trasmettesse anche una sensazione inquietante, o comunque suscitasse delle emozioni. Ecco perché avevo disegnato gli schizzi in questo modo, sovrapponendo più linee scarabocchiate.

(3) Regista e produttore cinematografico americano. La sua specialità sono i mondi inquietanti, ma realizzati in modo comico.

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Hino:
I giochi Nintendo fino a quel momento erano fortemente associati al design brillante e vivace delle serie di Super Mario e The Legend of Zelda. Ecco perché ho voluto fare un passo coraggioso realizzando un mondo cupo, maturo e misterioso. Quindi ci siamo detti: “Guardiamoci un film insieme per ispirarci” e la scelta è ricaduta su di un film d’animazione chiamato “Il pianeta selvaggio” (4). Avevamo tutti quanti un’espressione perplessa mentre lo guardavamo. (Ride)

(4) Film d’animazione, pubblicato in Francia nel 1973, che utilizzava un metodo di produzione chiamato cutout animation. Il titolo originale francese è La Planète Sauvage.

Da come ne parla, sembra un film memorabile… di quelli che fanno venire gli incubi. Quindi è da lì che avete tratto ispirazione per Pikmin?

Hino:
Poiché stavamo creando un gioco che tratta di creature viventi, leggemmo anche un libro di Richard Dawkins chiamato “Il gene egoista”.

Miyamoto:
Oh, non sono sicuro di averlo letto.

Hino:
Beh, contiene tante informazioni sulla bizzarra ecologia degli esseri viventi, perciò l’ho letto per scatenare l’immaginazione. Anche se l’ho trovato un po’ troppo difficile… (Ride)

Miyamoto:
Abbiamo visto film di tutti i tipi per ispirarci, come ad esempio le produzioni indipendenti europee o i film artistici che non si trovavano nelle videoteche comuni. È stato un periodo interessante con molto materiale sperimentale che conteneva metodi espressivi innovativi, come sovrapporre deliberatamente le stesse immagini una dietro l’altra.

Kando:
A proposito di espressione a schermo… Quando abbiamo iniziato con lo sviluppo del gioco per Nintendo 64, abbiamo espresso l’idea di avere tanti personaggi creati combinando pannelli piatti chiamati billboard, che permettevano di alleggerirne l’elaborazione. Solo quando siamo passati al Nintendo GameCube (5) siamo stati finalmente in grado di rappresentare i singoli personaggi con modelli 3D.

(5) Nintendo GameCube: console domestica uscita nel 2001 in Giappone e USA e nel 2002 in Europa. Ha una caratteristica forma cubica e adotta dischi ottici da 8 cm per il software.

Miyamoto:
Agli albori del GameCube lavorai anche con un altro team, eseguendo vari esperimenti su quello che viene chiamato Mario 128, per vedere cosa sarebbe accaduto se ci fossero stati più di 100 cloni del personaggio controllato dal giocatore.

Mario 128 è la tech-demo mostrata durante l’annuncio del GameCube, giusto?

Kando:
Non sapevamo dell’esistenza di Mario 128, dunque Pikmin non ne venne influenzato per quanto riguarda il planning o la tecnologia. Tante nuove idee scaturirono dal fatto che con il GameCube riuscissimo a muovere un gran numero di personaggi, cosa impossibile all’epoca del Nintendo 64.

Abe:
Una volta deciso il design, il team di design del gioco sperimentò un’idea dopo l’altra per capire come rendere divertente e interessante controllare queste creature. Le provammo tutte: formare una squadra e farle lanciare delle palline, farla combattere… Tuttavia, non riuscivamo a trovare l’idea giusta che rendesse il gioco interessante.

Hino:
Al tempo, stavamo lavorando sull’idea di lanciare i personaggi sul nemico come missili. Miyamoto-san ci chiese: “Cosa accade dopo che li hai lanciati?”. Io risposi che avrebbero circondato il nemico, cominciando a colpirlo. E poi continuò: “Non possono rimanere attaccati al nemico dopo che li hai lanciati? Insomma, cosa accadrebbe se rimanessero attaccati sulla schiena del nemico, oppure sui suoi punti deboli?”.

Miyamoto:
Sì, mi ricordo. Il team provò a farli rimanere attaccati ai nemici e tutti furono presi dall’entusiasmo, esclamando: “Wow! Li ho lanciati e sono rimasti attaccati!”. (Ride) Inoltre pensammo che sarebbe stato appagante, dopo aver sconfitto un nemico, poterselo portare fino a casa. Quindi abbiamo fatto in modo che le creature trasportassero i nemici, come le formiche che trasportano le cicale. Anche questa idea ebbe un successo strepitoso. (Ride)

Hino:
Aggiungemmo molte idee, come il fatto che, se una creatura si aggrappa al dorso di un nemico, potrà attaccarlo, ma se si aggrappa alla bocca, verrà mangiata.

Miyamoto:
Anche quando una creatura veniva mangiata da un nemico, decidemmo di non lasciare che venisse inghiottita e basta, ma che il nemico se la prendesse in bocca per masticarla. (Ride) E così alla fine aggiungemmo anche versi di dolore ed effetti spettrali per accompagnare i suoi ultimi momenti.

Filmato tratto da Pikmin 1+2 per Nintendo Switch.

Hino:
Alla fine avevamo incentrato il gioco sull’idea che le creature aumentassero di numero man mano che portavano indietro i nemici sconfitti, ma proprio quando il prodotto sembrava finale, Miyamoto-san era titubante. Ci disse: “Non saprei, mi chiedo se sia davvero una buona idea lasciare che le creature aumentino ogni volta che muore un nemico. Non è un po’ troppo…?”. Ma noi insistemmo dicendo: “Ormai siamo arrivati a questo punto, facciamolo e basta!”. (Ride)

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Miyamoto:
Per un momento mi sono chiesto, “Moriamo davvero dalla voglia di farlo?”. (Ride)

Però in natura è così che funziona la catena alimentare, credo.

Hino:
Creare un ecosistema realistico non era il nostro obiettivo principale, ma avevamo intenzione di dargli un tocco di tristezza, non soltanto di tenerezza. Un po’ come guardare con gli occhi di un uccello il mondo sottostante. Se pensiamo al design dei nemici, ce ne sono di misteriosi, quasi come se esistessero davvero in natura.

Filmato tratto da Pikmin 1+2 per Nintendo Switch.

Miyamoto:
È pieno di personaggi unici, vero? Credo che i designer abbiano svolto un ruolo attivo in questo gioco. Con questo non voglio dire che abbiamo messo in primo piano il lato artistico rispetto al resto. Piuttosto, il design del gioco è basato sulle azioni intraprese dai Pikmin, un approccio in pieno stile Nintendo.

Hino:
Pur avendo deciso il design dei personaggi e del mondo, oltre alle azioni come attaccarsi, lanciare e trasportare, c’è voluto del tempo per definire l’obiettivo del gioco. C’erano vari elementi in sospeso e non riuscivamo a metterli insieme e capire esattamente cosa avrebbero dovuto fare i personaggi per “completare il gioco”. Miyamoto-san, però, aveva in programma di annunciare Pikmin all’E3 (6) del 2001, quando sarebbero stati rivelati i giochi per GameCube.

(6) Abbreviazione di Electronic Entertainment Expo. Una fiera di videogiochi che si tiene a Los Angeles, California, USA.

Miyamoto:
Quindi, in qualità di producer del gioco, implorai Abe-san dicendogli: “Voglio lavorare come director. Datemi tre mesi e poi, se proprio le cose andranno male, mi dimetterò”. (Ride)

Kando:
Fu allora che Miyamoto-san raggruppò tutte le nostre idee in sospeso, senza quasi tralasciarne una, e le dispose in un unico diagramma di flusso del gioco. A proposito, all’epoca i Pikmin si chiamavano Piki o Picky, ecco perché questo documento riporta quei nomi in giapponese.

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Wow, davvero… curioso.

Hino:
Si cominciava lanciando questi personaggi dalla squadra per dare loro degli ordini. L’obiettivo era portarsi via l’oggetto. Non si trattava quindi di portare un certo numero di Pikmin al punto finale, ma bisognava raggrupparne abbastanza per poter trasportare gli oggetti. In aggiunta, Miyamoto-san ci mostrò a cosa servivano i nemici e le piante, come passava una giornata, la biologia dei Pikmin e il meccanismo secondo il quale i Pikmin aumentavano di numero.

Miyamoto:
All’inizio l’obiettivo era di condurre i Piki fino all’uscita. Ma non mi convinceva il fatto di dover raggiungere un obiettivo imposto dall’alto, ad esempio “Porta 50 Piki al punto finale per completare il gioco”. Cioè, chi ha deciso che devono essere proprio 50? “Serve un numero X di Piki per trasportare un oggetto”, invece, mi sembrava un obiettivo più sensato. Per trasportare qualcosa di pesante, serviranno più Pikmin. Chiunque può capire questo concetto in modo intuitivo. Ecco perché ho cominciato a considerare questo gioco come una prova di efficienza dei giocatori nel combattere i nemici, trasportare oggetti e far crescere le squadre.

Dunque questo diagramma mostra la posizione di ciascun elemento nel gioco.

Miyamoto:
A prima vista sembra solo un mucchio di frasi criptiche messe assieme, ma leggendole una per una si riesce a capire il flusso del programma da quest’unico foglio. In altre parole, nel gioco non accadrà niente che non sia scritto qui. Succede sempre così nel mondo dello sviluppo dei videogiochi. C’è chi vuole fare questo, c’è chi vuole fare quest’altro, e si finisce con tanti nuovi elementi. Poi tocca al director dire: “Beh, ora dobbiamo capire come mettere tutto insieme!”… prima di darsela a gambe. (Ride)

Tutti:

(Ridono)

Miyamoto:
Ma questo diagramma è anche una dichiarazione che non aggiungeremo nient’altro che non sia scritto qui! Se non stabiliamo dei limiti precisi, è impossibile proseguire nello sviluppo con così tante persone coinvolte. Ho capito che è meglio stabilirli subito di persona, prima di dare ordini a destra e a manca. Così ho messo tutto per iscritto mentre discutevo con Kando-san sul funzionamento dell’IA nel sistema di gioco, gli chiedevo se l’elaborazione dei dati sarebbe stata sufficiente e, in caso contrario, quali altre meccaniche avrebbero potuto fungere da rimpiazzo.

Kando:
Solo dopo aver visto questo diagramma mi sono finalmente convinto che il gioco avrebbe funzionato.

A proposito, in origine i Pikmin si chiamavano Piki, come è scritto qui, giusto?

Abe:
Durante lo sviluppo del gioco, usavamo la parola “ippiki” per iniziare a contare queste creature (in giapponese la parola “ippiki” significa “un singolo animale di piccola taglia”). Colin-san (7), che lavorava con noi nella programmazione, ci aveva sentito contarle e, per sbaglio, ha creduto che le stessimo chiamando “Piki”. (Ride)

(7) Colin Reed. Programmatore e membro dell’ex Entertainment Analysis & Development Department di Nintendo. Coinvolto nello sviluppo di titoli come Star Fox per Super Famicom e Metroid Prime Hunter per Nintendo DS.

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Quindi pensava che il contatore “piki” fosse il loro nome. (Ride) In qualche parte del documento ho notato che è scritto “Picky”.

Abe:
Proprio così. “Piki” si è evoluto in “Picky” e, quando abbiamo deciso il nome ufficiale, abbiamo scelto “Pikmin”. Pensavamo suonasse un po’ come “pick me” (“raccoglimi” in inglese).

Miyamoto:
Ricorda anche la parola “vitamin” (ovvero “vitamina”), perciò ci sembrava una buona idea. (Ride)

Capisco. Quindi dopo aver creato questo diagramma, tutti i pezzi si sono incastrati alla perfezione.

Hino:
Circa due mesi dopo, annunciammo il gioco all’E3. Però continuammo a modificare il trailer dell’annuncio fino all’ultimo momento. Miyamoto-san ci chiedeva di rivedere i filmati del gioco dicendo: “Voglio aggiustare questa parte” e noi eseguivamo rapidamente le modifiche. E così via. (Ride) Poi Miyamoto-san prese ciò che avevamo completato all’ultimo momento e lo portò con sé sull’aereo diretto a Los Angeles.

Miyamoto:
All’E3 annunciai il gioco come se fosse già completato. (Ride)

Hino:
È stato fantastico. (Ride)

Quando fu annunciato Pikmin, avevo l’impressione che lo sviluppo del gioco fosse vicino alla conclusione.

Morii:
In realtà a quel punto c’era solo un livello, se ricordo bene. E per giunta era stato creato apposta per quell’evento. (Ride)

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Miyamoto:
A mia discolpa, posso dire che lo annunciai in quel modo perché ero certo che ce l’avremmo fatta. (Ride) Ero sicuro che avremmo finito il gioco.

Tornando un attimo al discorso sugli obiettivi del gioco, mi sembra che in Pikmin 4 compaia il termine “Dandori” (8). Questo ciclo di compiti da eseguire, chiamato appunto “Dandori”, era già stato definito durante lo sviluppo del primo Pikmin?

(8) Termine giapponese che significa “pianificare qualcosa in anticipo in modo che avvenga in maniera efficiente.”

Miyamoto:
Se vogliamo semplificare, l’idea mi è venuta osservando le formiche nel mio giardino… Ma in realtà è un po’ più complicato di così. Ancora prima che il gioco dei Pikmin venisse concepito, esistevano svariate simulazioni per PC che ti chiedevano, ad esempio, di scegliere se mangiare i chicchi di riso oppure piantarli per farne crescere altri. Ho sempre voluto creare questo tipo di giochi in cui ci sono dei compiti da gestire. Ad esempio, in qualità di manager sul tuo posto di lavoro, devi pensare a chi assegnare determinati compiti per portare a termine le attività. Hai un piccolo progetto qui e un grande progetto che richiede molte risorse là. Ed è molto appagante quando riesci a ottimizzare e gestire tutto ciò in modo efficiente. Ho pensato che sarebbe stato interessante applicare questo concetto a un mondo ricco di personaggi controllati dall’IA.

Abe:
Durante lo sviluppo di Pikmin e di Pikmin 2, internamente li chiamavamo “gioco di gestione dei compiti”, non è vero?

Hino:
Non riuscivamo a trovare la descrizione giusta per il genere di gioco che potesse rappresentare accuratamente il prodotto, quindi scegliemmo di chiamarlo “gioco d’azione IA”.

Miyamoto:
Il bello dei giochi è che per vincere devi provare e riprovare. Di solito Pikmin viene associato ai suoi personaggi e al suo mondo, ma come videogioco è fondamentalmente molto divertente. Ripetendo le stesse azioni, il giocatore riesce a sviluppare una tecnica che permette di migliorare la sua efficienza e realizzare punteggi record.

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Il divertimento sta nel migliorare continuamente i propri risultati, giusto?

Miyamoto:
Alcuni giocatori del primo Pikmin erano perfino riusciti a completare il gioco senza far morire neanche un Pikmin. Uno stile di gioco da 10 e lode. Nemmeno io mi azzarderei a provare una simile impresa, è troppo difficile. (Ride)

Hino:
C’è da dire, però, che il primo gioco aveva un tempo limite entro cui i giocatori dovevano eseguire i compiti, ovvero 30 giorni. Se non ci riuscivano, dovevano ricominciare da capo e per alcuni tutto ciò era estenuante. Così per Pikmin 2 eliminammo i limiti di tempo, introducendo anche altri tipi di Pikmin e di tesori. Creammo anche un catalogo, rendendolo così un gioco incentrato sulla raccolta graduale di oggetti.

Kando:
Lo stile di gioco passò da “gestione del tempo” a “gestione del tipo”.

Miyamoto:
Dopo Pikmin 2, avemmo svariate discussioni su che direzione intraprendere con Pikmin 3. Il primo gioco offriva una sfida più impegnativa, mentre il secondo era più vasto in termini di contenuti. E i giocatori erano divisi su quale dei due fosse il migliore. C’era chi si definiva “fan di Pikmin 1” e chi “fan di Pikmin 2”.

Kando:
Nelle prime fasi di sviluppo del terzo episodio, facevamo a gara tra diversi programmatori per vedere quanti pezzi di astronave riuscivamo a recuperare nella Foresta Speranza, dal primo episodio, entro il limite di tempo di un giorno. Giungemmo alla conclusione che una sfida più impegnativa era più coinvolgente rispetto ad avere un’ampia varietà di contenuti, quindi per Pikmin 3 tornammo alle origini seguendo il sentiero tracciato dal primo gioco.

Hino:
Aggiungemmo anche una “modalità Missioni” oltre a quella principale e la progettammo in modo che i giocatori potessero usarla per allenarsi e completare così il gioco principale in modo più efficiente. Credo che sia stato a quel punto che abbiamo iniziato a usare il termine “Dandori” per descrivere lo stile di gioco, giusto?

Kando:
Esatto. Ci siamo resi conto che i giochi gestionali soddisfano anche coloro che di solito non giocano ai videogiochi. È un po’ come fare le faccende di casa o cucinare. Una volta fatta l’abitudine, cominci ad applicare il “Dandori” ed esegui tutto in modo più efficiente. Penso che sia un processo divertente.

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Ecco come siete arrivati a descrivere la categoria di questo gioco come “Dandori”. Si può notare come in ciascun titolo della serie la parte gestionale sia stata pensata per risultare divertente.

Miyamoto:
A pensarci adesso, credo che tra gli sviluppatori sia sempre stata diffusa la sensazione di dover tornare alle origini, di ispirarsi al primo capitolo… Eppure, quando venne pubblicato il terzo titolo della serie, c’era chi sosteneva di preferire il secondo. (Ride)

Kando:
Dopo averci riflettuto a lungo, siamo giunti alla conclusione che il quarto episodio accontenterà tutti i gusti. Come deve essere un gioco Pikmin? Le opinioni di chi preferisce Pikmin 1 sono completamente differenti da quelle di chi preferisce Pikmin 2. Magari Pikmin 4 porrà finalmente fine alla diatriba tra i “fan di Pikmin 1” e i “fan di Pikmin 2”. (Ride)


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